Dentro l'auto
Innumerevoli volte il cinema ha rappresentato le automobili, mostrando il protagonista nel ruolo del guidatore e i comprimari-antagonisti come quelli che inseguono, spingono, sbattono e sparano zigzagando da un'altra automobile, in riprese di velocità e suspense crescente, con facce ostili intraviste negli specchietti o nascoste nella cabina buia di truck sporchissimi (Duel), fino al prevedibile big crash risolutivo, piccola apocalisse da cui il protagonista esce ammaccato e vincente. Solo qualche rara volta, è stata filmata una vicenda diversa (Clint Eastwood ha descritto un patetico addio, Fellini un incubo urbano). Mai il cinema ha raccontato le cose come stanno davvero, mai ha descritto ciò che si vede ogni giorno semplicemente attraversando la città, per esempio a Milano. Perché non descriverlo con le fotografie, mi sono chiesto un giorno?
Ho cominciato così un viaggio senza meta e senza termine, lento come il fiume di Siddharta visto dal fiume stesso, galleggiando nel flusso assieme agli altri che galleggiano, quasi in stato di relax. Perché fotografare il traffico non equivale a subirlo rimanendo chiuso dentro la propria capsula senza potere fare nulla e odiando tutti (come in un film d'azione). Se osservi l'infinita biodiversità dei compagni di viaggio all'interno del flusso, se li fotografi mantenendo la curiosità, puoi evitare la tipica frustrazione da coatto urbano, puoi evitare l'ansia e lo stress. Solo così non si viaggia verso il grado zero d'empatia e verso un'irrimediabile misantropia. La fotografia può essere la tua terapia.