Fiera di Senigallia
Scoprire la Fiera di Senigallia, o “Sinigaglia” secondo alcuni, ed avventurarsi dentro le dinamiche di questo luogo, è stata un’affascinante sfida. Se si osserva, se ci si sofferma, se si guarda attentamente, si riesce a penetrare il visibile e a intuire che forse non è (o non era) semplicemente un luogo di vendita e rivendita.
Entrare in contatto con le persone che la popolano, interagire con loro tra una foto e l’altra, mi ha permesso di capire i problemi che attualmente presenta questa “manifestazione”. Da sempre un’istituzione a Milano, la Fiera è stata costretta dall’Amministrazione comunale, alcuni anni fa, a un trasferimento forzato dalla sua sede storica in Darsena (a causa dell’apertura del cantiere – da tempo peraltro bloccato - per la costruzione del nuovo mega parcheggio), all’attuale sede accanto alla stazione di Porta Genova. Questo spostamento, così come molti altri nel corso dei decenni ha contribuito a snaturare lo spirito della fiera stessa, diventata oggi, di fatto, un mercatino sempre meno conosciuto e che lascia spazio a situazioni di degrado.
Parlando con alcuni dei protagonisti di questa realtà, il senso di abbandono e di mancanza di garanzie territoriali dà l’idea della trasformazione che la nostra città sta subendo sotto la pressione esercitata dalle numerose speculazioni immobiliari che hanno ormai distrutto tutte le piccole realtà commerciali e artistiche della zona dei navigli, in particolare, e della nostra Milano, in generale. Poco importa che la Fiera di Senigallia fosse famosa anche all’estero al punto da esser citata in molte guide come luogo caratteristico da visitare.
La Fiera comunque ha saputo adattarsi accogliendo, da entrambe le parti dei banchetti, persone di varie etnie che hanno trovato un buon equilibrio nel condividere questi nuovi spazi. Molti frequentatori di un tempo non riconosceranno forse quella romantica situazione passata, ma ritroveranno, nel bene e nel male, quella capacità della fiera di essere lo specchio di una società che cambia, pur non rinnegando le sue tradizioni.
Dallo sguardo rivoltomi da alcuni, ho letto le loro insicurezze sul futuro di questa realtà e la voglia di continuare a esser e parte di una tradizione che ci porta, come in una macchina del tempo, in un continuo viaggio tra il presente ed il passato.