La vera storia del centro del centro
La vera storia del centro del centro: quando le botteghe e i suoi artigiani rendevano pulsante il cuore della città
Queste fotografie, non certo spettacolari, possono documentare una storia importante, credo inedita, che va raccontata brevemente anche a parole.
Anche a Milano, come nella città immaginaria del gioco del Monopoli, c'erano un tempo delle strade sfortunate, come il Vicolo Stretto e il Vicolo Corto, che costavano troppo poco e rendevano troppo poco, anche se stavano proprio nel centro del centro.
Che fare? si chiedevano gli amministratori. Riqualificare: ecco la scelta giusta! Cioè portare nel centro i ricchi, dopo averlo ripulito dai poveri, a cominciare dagli artigiani che sporcano, puzzano e sanno di miseria, e sono pure i meglio tutelati dal sindacato inquilini. Così pensavano gli amministratori, e così fu fatto.
Gli ombrellai e gli arrotini non esistevano già più; gli artigiani con bottega o laboratorio incominciarono allora a ricevere gentili proposte di comprare o affittare nuovi spazi in periferia, per un rilancio dell'attività, e per concedersi una seconda attiva giovinezza.
Gli ingrati non risposero alla generosa iniziativa e chiusero bottega per sempre. Un capannone gelido nel deserto non valeva certo un laboratorio nelle strade che portavano il nome delle nobili corporazioni medievali degli Spadari, Orefici, Mercanti, Cappellari e altri. Seguirono altre gentili offerte di traslocare e altre chiusure di osterie, barbieri, drogherie, mercerie, latterie, fruttivendoli e panettieri, mentre in periferia incominciava la ritirata delle grandi fabbriche.
Sono passati quarant'anni da quando speculatori, ristrutturatori, e amici di amici architetti misero le mani sul centro, ben ripulito e desertificato della Milano da bere.
Fu l'amico sociologo Roberto Lèydi, etnomusicologo e ricercatore di canti popolari, a spiegarmi che nella città fondata sul lavoro era in corso un'operazione di pulizia etnica e di cancellazione del passato. Che la stampa ignorava.
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