.PRESENZE.
La città chiude gli occhi, non sente. Negazione, rigetto, apatia. Milano non conosce ciò che si muove sotto la sua pelle, o non lo vuole sapere, così come i suoi perfetti cittadini, intrappolati dentro un fittizio benessere televisivo d’appartamento, mentre fuori, sotto casa, è malessere.
I margini della società, un concetto chiaro a tutti, che definisce luoghi, persone, atteggiamenti ben precisi, ma troppo spesso idealizzati e mitizzati sono zone che possiedono una concreta forza d’attrazione per coloro che vivono ai limiti di quel reale messo in piedi dalla nostra società: disperati metropolitani, i nemici della città, che trovano la propria culla dove l’esclusione urbana incontra l’esclusione sociale. Tragici spazi di una metropoli che rinnega, espelle e colloca ai confini uomini, le cui vite di passaggio, di sottopassaggio, vagano erranti, esiliate dal mondo che transita sopra le loro teste. Sono ormai presenze, senza distinzione né forma, creature prive di un’identità, negata dalle fantasie della gente “comune”, che normalmente percorre e condivide quelle vie, quei sottopassaggi, durante le ore diurne, ma che di notte rifiuta e disdegna, rendendoli luoghi inaccessibili, d’emarginazione e rifugio. Ecco così il duplice volto di questi angoli avvolti nel cemento, che parlano di vite ignorate, di rinuncia alla comunicazione, alla comprensione.
In questo contesto, il ruolo della fotografia è quello di dare forma alle visioni astratte delle masse, consegnando concretezza a quegli spazi, ma pur sempre senza rinunciare al lato onirico e suggestivo che tali posti evocano: il fascino dell’abisso, l’inquieto, il disagio e le sue presenze.