Casa Morigi era un affascinante esperimento di co-housing nel pieno centro di Milano. Un luogo antico e magico che oggi non esiste più.
Morigi, nel cuore di Milano, casa occupata in zona uno, a pochi passi da Piazza Affari. Dal 1976 al 2012 Casa Morigi ha ospitato quasi trenta nuclei familiari (che negli anni sono cambiati, si sono ampliati, divisi, uniti), officine artigianali di diversa natura, laboratori di teatro, scuole di musica, lezioni di italiano per cittadini extracomunitari, case di accoglienza per rifugiati politici, associazioni internazionali come Survival e, in generale, l'arte e la cultura non istituzionalizzate. Ciononostante Morigi è stata anzitutto una casa, un luogo in cui vivere e convivere, ma anche lavorare e creare. Questa sua peculiarità, che ha concesso ai suoi abitanti il privilegio di dimorare in un luogo così vivo e bello, è stata anche un limite che ha portato ad una chiusura alle novità isolando la casa da altre soluzioni abitative. Entrando in Morigi si aveva la sensazione di uscire dalla città ed accedere in un luogo antico, dove c'era ancora una dimensione comunitaria, persone che credevano nell'auto organizzazione, nella distribuzione delle risorse secondo le necessità e nella dimensione umana del vivere insieme. Morigi ha rappresentato per decenni un esempio di co-housing alternativo alla vita del centro fatta di uffici, banche e case private. Un luogo in cui gli abitanti custodivano e difendevano la bellezza e la memoria del passato, restaurandola, prendendosene cura e sopratutto vivendola. E' difficile capire quali elementi abbiano permesso a questa esperienza una vita più lunga rispetto alle esperienze analoghe di quegli anni, e quali invece siano state le cause reali della fine di questo percorso, che, probabilmente, prima che essere materiali ed estranee alla casa, sono state interne alle mura e quindi di natura relazionale e sociale.
Marco ed io abbiamo ritratto la casa e i suoi abitanti in quei giorni magici e surreali che hanno contraddistinto la fine di questo percorso di autogestione, dando rilievo alla solitudine che la casa si preparava a vivere da lì a poco, in quella Milano che è sempre più distante da se stessa (e sempre più vicina all'Expo). Nelle foto degli interni, degli spazi comuni, e delle case degli abitanti, in cui i diversi periodi storici e gli svariati stili architettonici si fondono in un unicum eterogeneo, le costanti sono il fascino e la malinconia di un luogo abbandonato. Nell'immagine dall'alto Morigi sembra restata sola, come una bambina in un mondo di adulti, mentre una gru gialla svetta minacciosa sopra la sua testa.
Alberto Bechis Boll
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