EDITORIALE
SULLA STRADA
C'è stato un tempo, in Italia, durante il quale passeggiare lungo i marciapiedi delle città poteva essere un'esperienza indimenticabile. Per capirlo, sarebbe sufficiente osservare le scene di vita quotidiana fotografate da William Klein lungo le strade di Roma, verso la fine degli anni '50 (se passate nei dintorni del Colosseo, non perdete la mostra che dura fino al 25 Luglio).
Fu un tempo che la generazione di cui faccio parte può solo immaginare a fatica, subendo inoltre quell'ambigua forma di nostalgia che si prova per qualcosa che non si è vissuto, un tipo di rimpianto molto di moda oggi. " La strada è la casa degli Italiani" si diceva allora, quando i bambini potevano uscire di casa senza rischiare di essere investiti ogni due passi e quando gli anziani potevano affacciarsi alle finestre senza essere intossicati dai gas di scarico.
Oggi, come sappiamo, la strada è diventata invece "la casa delle automobili", sterile luogo di passaggio da un posto all'altro, utile al massimo a fini commerciali come scenario di cartelloni e vetrine. In questo numero di MilanoCittàAperta, il nostro sguardo sulla città tenta di rendere visibili i frutti della metamorfosi estetica avvenuta negli anni dello sviluppo "selvaggio", rendendo le strade e gli scenari urbani così diversi dall'epoca del dopoguerra.
Dall'alienazione dell'automobilista-sardina in scatola all'innaturalezza dei colori che illuminano le strade, dagli scenari semi apocalittici dei cantieri perenni al contrasto con il mondo sotterraneo che ignoriamo completamente, fino alla manipolazione devastante e invasiva della pubblicità che ci osserva ovunque e da qualunque parte ci volgiamo.
Crediamo che sia necessario parlare della realtà di oggi anche interrogandosi sulla qualità estetica del mondo che ci circonda e anzi, forse è proprio questo uno degli aspetti più sottovalutati dalla critica sociale che si fa delle città, critica che spesso non tiene conto della gravità dell'inquinamento visivo che ci assedia.
Perché la strada è il vero orizzonte del nostro mondo di cittadini e perché, come cantava il milanese Giorgio Gaber: "bisogna uscire dalle case / dove noi ci nascondiamo / bisogna ritornare nella strada / nella strada per conoscere chi siamo".