EDITORIALE
Le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure.
(Italo Calvino, "Le città invisibili")
Circa un anno fa, su queste pagine, abbiamo cominciato a parlare liberamente e senza troppi vincoli della nostra città per mezzo della fotografia. Il nostro progetto ha ormai mosso i primi passi e sta crescendo, piano piano. Oggi è forse venuto il tempo di confrontarci nuovamente con i nostri desideri, con le nostre paure e con le nostre idee.
Fino a oggi, Milano Città Aperta ha dato spazio agli sguardi e alle sensibilità più diverse. Se da un lato, un approccio di questo tipo ha avuto il merito di aprirci a nuove e molteplici prospettive, crediamo sia venuto il momento di orientare il nostro sguardo verso (e attraverso) nuovi obiettivi. Ovviamente, l'identità di una città sfugge sempre a qualunque tentativo di definizione. Non vogliamo tentare di arrivare a un’impossibile ultima prospettiva sul reale. Desideriamo semplicemente continuare a camminare, osservare ciò che ci circonda da diversi punti di vista ma allo stesso tempo cercare di capire più noi stessi, riprendere possesso dello spazio nel quale viviamo attraverso uno sguardo che scavi più nel profondo, grazie a un discorso che metta in relazione diverse prospettive, lungo un cammino fatto di domande e risposte.
In questo quarto numero di Milano Città Aperta, ancora ricco di sguardi differenti, raccontiamo il passato di Milano attraverso le immagini di un luogo impregnato di storia e arte del novecento come la “mitica” stamperia di Giorgio Upiglio.
Ci interroghiamo sul futuro della nostra città di fronte agli inquietanti luoghi della vecchia Fiera, monumento e memoria dello sviluppo economico della città nel secondo dopoguerra, ora rasa al suolo per lasciare spazio a un faraonico progetto residenziale.
Raccontiamo il cambiamento di Milano attraverso la storia di uno dei suoi luoghi simbolo, la fiera di Senigallia, che lotta per l’esistenza come tutte le ultime realtà alternative ancora rimaste in vita.
Ci lasciamo trasportare dal movimento incessante delle persone, delle luci e dei colori attraverso gli esperimenti fotografici “Reflections of life” e “Toy camera”, tentando di trasfigurare l’immaginario convenzionale sulle metropoli.
E infine, parliamo di una grave forma di “dipendenza da lavoro” che affligge milioni di persone in tutto il mondo e che ha in Milano uno dei suoi avamposti più agguerriti (“Workaholics”).
Buona visione.